Mi laureo in Emilia Romagna ed il mio percorso è in principio legato alla scenotecnica per il teatro e alla scenografica per il cinema indipendente: è in seguito che, possedendo una formazione tecnica acquisita con mio padre, inizio a fotografare in teatro raffinandomi con l’esperienza nel corso di varie collaborazioni tra le quali spicca per longevità quella con Marco Caselli Nirmal.
Inoltre, nel corso degli anni, espongo tra Italia, Francia e Malta fondando e avviando progetti performativi all’interno della mia precedente casa nel centro storico di Bologna, spazio grembo dedicato alle residenze artistiche: l’ancora attiva, sotto nuova gestione, Maison Ventidue.
Attualmente lavoro come fotografa e creo opere attraverso le mie stampe fotografiche ed altri materiali, consapevole che la fotografia sia un documento intrinsecamente legato alla soggettività dello sguardo.
Un’evoluzione del mio percorso prende vita grazie al bagaglio formativo legato alla costruzione di scenografie. Nel 2015 inizio a stampare le mie immagini e a sperimentare con i materiali, pescando a piene mani tra gli elementi naturali, alimentari e chimici o nei materiali d’archivio, costruendo quelle che definisco sofisticazioni della stampa. Incido, impressiono, strappo, rarifico e agisco fisicamente sulle stampe. Le mie fotografie ed i miei lavori diventano un manufatto non riproducibile. Coinvolgendo la mia visione nei paesaggi e osservando il corpo alla ricerca di tracce della mia esperienza interiore, tento di reinventare il ricordo: una ricerca fatta di frammenti difficilmente ordinabili in un discorso unico.
Oggi lavoro tra l’Italia e l’estero mantenendo collaborazioni con l’agenzia TBWA, il Teatro di Roma e l’Istituto Cinecittà Luce. Ho un mio studio galleria a Roma nel rione Monti in Piazza della Suburra 6.
Le fotografie di Futura Tittaferrante possono essere:
incisioni su carta da parati, vetro o piombo, rocce o resine,
scaglie di muri, nervi di strade su pellicole.
Hanno l’aria di montagna, la grana di foglie sparse a terra,
lo spirito dialettico.
S’immettono in un rapporto sofisticato
con le parole che le accompagnano.
Tra le vette e il vortice, l’ovale e la cartolina,
l’archivio dei volti e dei luoghi è diluito in elementi solidi, naturali, ignifughi
dove mutevole è la materia, cospicua la sostanza.
Arianna Lodeserto